Dieta iperproteica e senso di fame: dipende dal DNA

Tralasciamo, per il momento, le considerazioni sull'efficacia e soprattutto sulla sicurezza di utilizzare una dieta iperproteica - specie di quelle offerte da personale non qualificato - ed addentriamoci subito nel cuore di questo articolo.
Desidero di cibo, appetito, senso di sazietà… tutte cose su cui la dieta iperproteica sembra avere effetto, ma oggi si sa che ciò avviene solo in persone che portano una certa variante genetica.

Il gene incriminato è il gene FTO, più volte preso in causa in questo blog, in quanto presenta una variante comune nel rischio di obesità ed è stato recentemente dimostrato influenzare l'appetito ed essere sensibile alla regolazione degli aminoacidi.

FTO: Gene la cui variante comune rs9939609 identificato come fattore di rischio per l’obesità in uno studio del 2007 di Fraylin et al. La presenza o meno della variante A porta, nel contesto di compresenza di altri polimorfismi e fattori, a una differente risposta al tipo di dieta, all’attività fisica ed al rischio di sviluppare diabete di tipo II in caso di BMI alta. Questo gene è localizzato sil cromosoma 16 e codifica per un enzima noto anche come diossigenasi alfa-chetoglutarato-dipendente.


Indipendentemente dalla seria discutibilità delle diete iperproteiche dal punto di vista salutare, questo studio caso-controllo randomizzato ha voluto verificare se una dieta ipocalorica iperproteica diminuiva effettivamente nel lungo termine l’appetito ed il senso di fame di 737 adulti in sovrappeso.

Il riscontro è stato che gli individui con l’allele FTO rs9939609 hanno ottenuto  benefici  importanti  in termini di diminuzione nel desiderio di cibo e appetito e molto maggiori rispetto agli individui senza questo allele (che avrebbero potuto quindi risparmiarsi gli eventuali effetti collaterali di una dieta simile).

Tra i “pro” dello studio c’è il fatto che i dati sulle variazioni del desiderio di cibo sono stati aggiustati per età, sesso, etnia, indice di massa corporea basale e variazioni di peso; tra i limiti vi è i il fatto che la maggior parte dei partecipanti (80%) fossero bianchi e quindi i risultati sono poco generalizzabili ad altri gruppi etnici e inoltre non è stata fatta alcuna misura della grelina, e dunque l'interazione con questo ormone non ha potuto essere verificata.


Questi nuovi risultati sembrano comunque fornire una piccola prova a sostegno del concetto secondo cui un intervento nutrizionale personalizzato può aiutare nella prevenzione dell’obesità e una possibile risposta alla domanda “con questa dieta avrò meno fame?” sarà: “dipende dal suo DNA, signora”.

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