Solstizio d'Inverno, SOL INVICTUS e rinascita

Dalle 11:44 di oggi 21 dicembre 2016 siamo ufficialmente in inverno. È questo infatti il momento che sancisce l'inizio dell'inverno (astronomicamente parlando) e soprattutto stabilisce il giorno più corto dell’anno, con appena 8 ore e 55 minuti di sole. 
Contrariamente a quanto si pensi non è Santa Lucia (il 13) il giorno più corto dell'anno. 
In realtà in prossimità del 13 dicembre si è verificato il periodo in cui il Sole è tramontato più presto: per le prime due settimane di dicembre l'orario del tramonto si è mantenuto quasi costante, tra le 16.41 e le 16.42.


SOLSTITIUM è una parola latina (da "sol, sole", e "sistere", stare fermo) che indica una "fermata" del Sole, una apparente "pausa" nel cammino che la nostra stella sembra compiere nella volta celeste. Nei giorni intorno al solstizio d'inverno infatti, il Sole sembra smettere di calare rispetto all'equatore celeste e "fermarsi" in cielo per poi invertire il suo cammino e iniziare il moto di avvicinamento all'equatore celeste (che porterà le giornate ad allungarsi).




Data importante per molti popoli...

Non dimentichiamo, che quell'avvenimento iniziò ad essere celebrato dai nostri antenati, ad esempio presso le costruzioni megalitiche di Stonehenge, in Gran Bretagna, di Newgrange, Knowth e Dowth, in Irlanda o attorno alle incisioni rupestri di Bohuslan, in Iran, e della Val Camonica, in Italia, già in epoca preistorica e protostorica. Esso, inoltre, ispirò il "frammento 66" dell'opera di Eraclito di Efeso (560/480 a.C) e fu allegoricamente cantato da Omero (Odissea 133, 137) e da Virgilio (VI° libro dell'Eneide). Quello stesso fenomeno, fu invariabilmente atteso e magnificato dall'insieme delle popolazioni indoeuropee: i Gallo-Celti lo denominarono "Alban Arthuan" ("rinascita del dio Sole"); i Germani, "Yulè" (la "ruota dell'anno"); gli Scandinavi "Jul" ("ruota solare"); i Finnici "July" ("tempesta di neve"); i Lapponi "Juvla"; i Russi "Karatciun" (il "giorno più corto"). 

Nell'antica Roma, a cavallo del solstizio d'inverno - dal 17 al 23 dicembre -, erano previsti i Saturnali, le feste dedicate al dio dell'agricoltura Saturno con banchetti e sacrifici. Durante i festeggiamenti si ribaltavano i ruoli: lo schiavo, nominato "princeps", assumeva tutti i poteri e indossava la maschera. Le classi sociali erano temporaneamente abolite: ci si vestiva tutti allo stesso modo e per gli schiavi era l’unica occasione di assaporare il gusto della libertà, prendendo fittiziamente il posto dei loro padroni.
Da alcuni epigrammi di Marziale sappiamo che i Romani in questa occasione si scambiavano regali economici come dadi, candele di cera colorata, abiti, libri, una moneta, piccoli animali domestici. 
Il tutto tra orge e banchetti senza fine.

Durante il solstizio d'inverno, quindi, il Sole pare precipitare nell'oscurità per poi tornare a mostrarsi vitale e invincibile già a partire dai giorni successivi. Ecco perché gli antichi romani celebravano, nei giorni attorno al solstizio invernale, la FESTA DEL "SOL INVICTUS", una celebrazione della rinascita che secondo alcuni rappresenterebbe l'origine pagana del Natale.


La celebrazione del Natale

Il NATALE letteralmente significa "nascita". 
La festività del Dies Natalis Solis Invicti ("Giorno di nascita del Sole Invitto") veniva celebrata nel momento dell'anno in cui la durata del giorno iniziava ad aumentare dopo il solstizio d'inverno: la "RINASCITA DEL SOLE". 
Infatti nell'emisfero nord della Terra tra il 22 e il 24 dicembre il sole sembra fermarsi in cielo (fenomeno tanto più evidente quanto più ci si avvicina all'equatore). In termini astronomici, in quel periodo il sole inverte il proprio moto nel senso della "declinazione", cioè raggiunge il punto di massima distanza dal piano equatoriale. Il buio della notte raggiunge la massima estensione e la luce del giorno la minima. Si verificano cioè la notte più lunga e il dì più corto dell’anno. Subito dopo il solstizio, la luce del giorno torna gradatamente ad aumentare e il buio della notte a ridursi fino al solstizio d’estate, in giugno, quando avremo il giorno più lungo dell’anno e la notte più corta. Il giorno del solstizio cade generalmente il 21, ma per l’inversione apparente del moto solare diventa visibile il terzo/quarto giorno successivo. Il sole, quindi, nel solstizio d’inverno giunge nella sua fase più debole quanto a luce e calore, pare precipitare nell'oscurità, ma poi ritorna vitale e "invincibile" sulle stesse tenebre. 
E proprio il 25 dicembre sembra rinascere, ha cioè un nuovo "Natale". 
Questa interpretazione "astronomica" può spiegare perché il 25 dicembre sia una data celebrativa presente in culture e paesi così distanti tra loro. Tutto parte da una osservazione attenta del comportamento dei pianeti e del sole, e gli antichi, per quanto possa apparire sorprendente, conoscevano bene gli strumenti che permettevano loro di osservare e descrivere movimenti e comportamenti degli astri.


Rinascita e risveglio interiore

Per molti il Solstizio d'Inverno è il passaggio dalle Tenebre alla Luce: è da questo giorno che il sole resta progressivamente sempre più a lungo nel cielo allungando così le nostre giornate. 
Questa è una festa di luce, dai profondi messaggi iniziatici ed esoterici legati al risveglio interiore. 
Secondo la tradizione le porte Sostiziali sono controllate dai due Giovanni; il Battista al solstizio estivo e l'Evangelista a quello invernale. Il solstizio stesso è chiamato "la porta", un tempo custodita dal guardiano Giano Bifronte (con l'avvento del cristianesimo il romano Giano dai due volti ha ceduto il posto ai due Giovanni) che sono il simbolo di una contemporanea esistenza di due dimensioni, che durante i solstizi si congiungono e le porte sono aperte ed è permesso il varco. 
Nelle tradizioni germanica e celtica precristiana, "Yule" era la festa del solstizio d'inverno. L'etimologia della parola "Yule" (Jól) non è chiara. È diffusa (ma probabilmente errata) l'idea che derivi dal norreno Hjól ("ruota"), con riferimento al fatto che, nel solstizio d'inverno, la "ruota dell'anno si trova al suo estremo inferiore e inizia a risalire". I linguisti suggeriscono invece che Jól sia stata ereditata dalle lingue germaniche da un substrato linguistico pre-indoeuropeo. Nei linguaggi scandinavi, il termine Jul ha entrambi i significati di Yule e di Natale, e viene talvolta usato anche per indicare altre festività di dicembre. Il termine si è diffuso anche nelle lingue finniche (e indica il Natale), sebbene tali lingue non siano di ceppo germanico. 
Con la festa di Yule: si accendeva il fuoco, si macellavano gli animali e si banchettava sulle ultime riserve di carne disponibili (anche per evitare di dover sfamare gli animali nei duri mesi successivi). Sembra che proprio queste celebrazioni abbiano introdotto gli alberi sempreverdi come simbolo della vita che resiste all'inverno e alle avversità: una tradizione che è poi entrata di diritto nelle celebrazioni del Natale.
E’ curioso che il Natale sia celebrato in così tanti paesi nel mondo, anche lontanissimi e differenti per culture ancestrali...
Tra il 21/22 ed il 25 dicembre, storicamente e mitologicamente, prendono i natali tantissime divinità di culture e credo differenti: l'Horus egiziano e suo padre Osiride, il Quetzacoatl messicano, il nostro Dioniso, Freyr (figlio di Odino), Zaratustra, Buddha, Krishna, Mithra (Persia), Tammuz (Babilonia) ed altri.


Dato che i culti antichi erano principalmente “naturali” ed animistici ed in questi giorni, in quasi tutto il pianeta, accadeva lo stesso evento (il Sole si ritirava e lasciava spazio alla Notte, per poi tornare e dare inizio ad un nuovo periodo di Luce), esiste, per natura, un unico "Spirito del Natale": tutto ha un’anima/spirito, che si può evocare o celebrare, al fine di entrarci in contatto, viverne l’energia ed apprenderne gli insegnamenti.
Da un punto di vista esoterico il Sol-stizio/Sol-invictus rappresentano tre dei quattro diversi momenti della trasformazione alchemica: il momento di morte apparente ("nigredo" = la notte), da cui nasce ("albedo" = alba, il “Natale”) una nuova vita ("rubedo").



La tradizione del vischio

Un simbolo solstiziale è il VISCHIO, pianta sacra per i Druidi, che veniva recisa dall'albero su cui nasceva seguendo di una solenne cerimonia. La raccolta del vischio avveniva specialmente in due momenti particolari dell'anno: a Samhain e nel Giorno di San Giovanni. 
Il Vischio era considerato la panacea per tutti i mali. Essa e' una pianta parassita che affonda le sue radici nell'altrui forza, non tocca terra e veniva considerata una emanazione divina.
Gli antichi la chiamavano anche "scopa del fulmine", pensavano che nascesse quando a folgore colpiva un albero. Per rispetto a questa sua natura divina i Druidi lo tagliavano usando rispettosamente un falcetto d'oro. E' ben augurale per l'anno che viene, averne un ramoscello nelle case. 


SOL INVICTUS
I’m coming, Lord, I’m on my way
Worshiping at the altar of know why
Can’t remember which God is my wine
Can’t repent if I’m wrong; impartial
Empty rituals, trinkets and fossils
And now, Lord,
I’m on my way (my way)
Amen

Fonti:

"Dies Natalis Solis Invicti", di A.Mariantoni (Identità, 2004)
"I Misteri del Sole" di S.Arcella (Controcorrente, Napoli, 2002)

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